"Il fattore tempo è decisivo"
E' la terza causa di morte e la più frequente di disabilità permanente. In caso di 'attacco' è necessario arrivare in tempo al pronto soccorso. Non sottovalutare i sintomi. Le iniziative nell'ambito delle campagne per prevenirlo
di ELVIRA NASELLI
DUECENTOMILA all'anno, 80 per cento di nuovi casi e 20 di recidive, terza causa di morte dopo patologie cardiovascolari e tumori. L'ictus, o stroke, è la più frequente causa di disabilità permanente negli adulti e una delle più comuni cause di morte. E questi sono soltanto i dati italiani. Eppure, con le terapie disponibili, estremamente efficaci, e intervenendo con estrema rapidità dopo i primi sintomi, si potrebbero limitare quei danni che spesso condizionano fortemente la qualità di vita dei malati. Aprile è il mese della prevenzione dello stroke e sono moltissime le iniziative in tutta Italia per sensibilizzare sull'importanza della prevenzione e della velocità di intervento. Sul sito della onlus Alice, associazione per la lotta all'ictus cerebrale, i consigli per riconoscere i sintomi e gli indirizzi delle Stroke Unit italiane, 168 in tutto, l'80 per cento nel Centro-Nord. Il ricovero in un'unità superspecialistica può fare la differenza, in termini di danni cerebrali e di conseguente recupero.
Arrivare subito in ospedale. "Time is brain", dicono gli americani, nel senso che il fattore tempo è decisivo: più tempo si perde più cervello si danneggia. La prima criticità è infatti il ritardo con cui si arriva al Pronto Soccorso. "Poiché, al contrario dell'infarto, non c'è un dolore che mette in allarme - avverte Vincenzo Di Lazzaro, direttore della Neurologia dell'università Campus Bio-Medico di Roma - spesso chi è colpito da ictus tende a sottovalutare i segnali arrivando tardi in ospedale. La finestra per un intervento efficace è invece di 4 ore e mezzo, dopo la terapia è più efficace tra quelle di cui disponiamo, la cosiddetta trombolisi, non può essere più utilizzata".
I sintomi. I sintomi dell'ictus, che nell'80 per cento dei casi è di tipo ischemico, dovuto cioè all'ostruzione di una arteria con mancato afflusso di sangue al cervello, e solo nel restante 20 per cento di tipo emorragico, legato invece alla rottura di un'arteria cerebrale, compaiono improvvisamente raggiungendo la massima gravità in pochi minuti. "I sintomi più comuni sono un deficit di forza in genere a faccia, braccio e gamba di un lato del corpo - continua Di Lazzaro - con intorpidimento o formicolio, sempre di una metà del corpo. Molto comune la difficoltà sia di parlare che di comprendere le parole, la perdita della vista in una metà del campo visivo, disturbi dell'equilibrio e della deglutizione, un mal di testa violento, diverso dal solito, e anche la difficoltà di riconoscere il proprio corpo come paralizzato a metà. Naturalmente i sintomi sono legati alla sede e all'estensione della lesione cerebrale, ma è importante saperli riconoscere e chiamare immediatamente il 118 o correre al Pronto Soccorso".
Ricovero in una Stroke Unit. L'ideale è il ricovero in una Stroke Unit, o Centro Ictus, purtroppo diffuse in maniera assolutamente disomogenea sul territorio. "Il ricovero in una struttura superspecializzata - premette Danilo Toni, direttore dell'Unità di Trattamento Neurovascolare del policlinico universitario Umberto I di Roma - permette cure precoci che possono evitare un aggravamento e le numerose complicanze. I reparti specializzati hanno una équipe multiprofessionale, con medici, infermieri, fisioterapisti, assistente sociale, che si occupa prevalentemente di ictus, e letti articolati, materassi antidecubito, sistemi di monitoraggio delle funzioni vitali attivi 24 ore su 24. Nei Paesi dove queste strutture sono la prassi è stata dimostrata una riduzione significativa della mortalità, dell'invalidità e anche della durata dei ricoveri e dei costi". In alcuni Paesi, come la Germania, funzionano ormai da qualche anno addirittura le Stroke unit mobili. "E' una opzione che cambia radicalmente la gestione acuta - racconta Di Lazzaro - perché permette di effettuare la diagnosi e il trattamento direttamente in ambulanza, attrezzata con Tac portatile, neurologo esperto e infermiere a bordo. Il malato è sottoposto al trattamento ancora prima di arrivare in ospedale in un tempo stimato di 35 minuti".
"Si perde troppo tempo". Da noi, invece, si perde ancora troppo tempo. "L'unico trattamento approvato per lo stroke ischemico è la terapia trombolitica con un farmaco che si chiama alteplase - precisa Toni - ma il trattamento è estremamente efficace soltanto se si riesce ad intervenire entro le 4 ore e mezzo dall'insorgenza dei sintomi e i benefici sono tempo-dipendenti. Nel 2013 in Italia sono state effettuate circa 3200 trombolisi, circa il 30 per cento di tutti gli ictus teoricamente trattabili. E la causa maggiore è il ritardo con cui si giunge in ospedale. Il paziente, infatti, al suo arrivo deve essere prima sottoposto a Tac cerebrale ed esami di laboratorio per escludere emorragia cerebrale o controindicazioni alla terapia trombolitica, un iter che richiede del tempo. Quindi ai primi sintomi è fondamentale correre subito in ospedale".
Cercare le cause. Individuare le cause dello stroke è importante per cercare di prevenire le recidive, numerose e invalidanti. Così come è fondamentale insistere sui fattori di rischio. "Ci sono fattori di rischio non modificabili - elenca Di Lazzaro - ovvero quelli legati all'età, dopo i 55 anni il rischio raddoppia ogni dieci anni, al sesso, più frequente negli uomini, alla razza, più frequente nei neri, a fattori genetici, come storia familiare di ictus, che aumenta il rischio del 30 per cento, disturbi della coagulazione ereditari, malattie genetiche come la Cadasil, la sindrome di Marfan, la neurofibromatosi e la malattia di Fabry. Poi ci sono i fattori modificabili, sui quali è importante lavorare: ipertensione, il più importante, con pressione maggiore di 140/90, cardiopatie come fibrillazione atriale, cardiopatie dilatative, protesi e vizi valvolari, diabete mellito, percolesterolemia, fumo di sigaretta, eccesso di alcol, obesità, sedentarietà, placche carotidee con più del 70 per cento di stenosi, uso di droghe o di contraccettivi orali".
La telemedicina. Per il futuro un ruolo importante potrebbe averlo la Telemedicina, soprattutto per quegli ospedali lontani da una Stroke Unit. "E' già diffusa in Canada e Stati Uniti, Germania e Francia - racconta Toni - e permette allo specialista di effettuare a distanza l'esame neurologico del paziente, visualizzare la Tac e gli esami del sangue effettuati, suggerire la terapia. In un secondo momento il malato può essere trasportato in un centro specializzato e continuare la cura. Con questo sistema il numero di trombolisi nel territorio che compete all'unità di trattamento neurovascolare dell'Umberto I di Roma è stato stimato che salirebbe dalle attuali 120 a oltre 300 all'anno".
La riabilitazione. Altro punto dolente è la riabilitazione che dovrebbe essere il più precoce possibile. Ma anche in questo caso le strutture sono diffuse in modo disorganico e spesso le attese sono lunghe. "L'esercizio terapeutico è uno dei fattori più rilevanti per il recupero - conclude Di Lazzaro - purché sia precoce. Oggi ci sono nuove tecniche riabilitative come la terapia robotica, con diversi tipi di dispositivi che aiutano il paziente a compiere movimenti che non sarebbe in grado di poratare a termine, tecniche di stimolazione cerebrale associate alla riabilitazione, in continua evoluzione, e la terapia constraint-induced movement, molto promettente, che agisce restringendo limitando l'utilizzo del lato sano e sottoponendo l'arto superiore paralizzato ad un esercizio intensivo. Ovviamente è compito del neurologo lavorare per prevenire le recidive, molto frequenti e fonte di ulteriore disabilità".
Fonte: Repubblica.it Salute